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Bando ISI dell’INAIL

Bando ISI dell’INAIL

Troppo spesso gli investimenti nella sicurezza sul lavoro sono sottovalutati o tenuti in considerazione in ritardo, quando ormai il problema è manifesto o quando l’emergenza impone di riconsiderare le priorità. Quel che ruota attorno a salute e sicurezza, invece, merita un approccio contrario, orientato alla prevenzione e all’allestimento delle migliori condizioni per i lavoratori. L’INAIL a tal fine ha messo a punto un bando che vuol finanziare in modo meritocratico le aziende che investono in sicurezza, foraggiando così gli atteggiamenti virtuosi attraverso un vero e proprio incentivo economico.

Tale opportunità prende il nome di “Bando ISI 2022”, i cui termini si sviluppano tra maggio e giugno 2023 e per la cui partecipazione sono richiesti semplicemente strumenti essenziali quali SPID, Firma Digitale e un indirizzo PEC.

Bando ISI: cifre, limiti, dettagli

Il Bando ISI nasce a tal fine, mettendo sul piatto un budget da suddividersi sulla base di cinque differenti “assi di finanziamento”:

  1. Progetti di investimento e Progetti per l’adozione di modelli organizzativi e di responsabilità sociale
  2. Progetti per la riduzione del rischio da movimentazione manuale di carichi (MMC)
  3. Progetti di bonifica da materiali contenenti amianto
  4. Progetti per micro e piccole imprese operanti in specifici settori di attività
  5. Progetti per micro e piccole imprese operanti nel settore della produzione primaria dei prodotti agricoli

I primi quattro assi prevedono un finanziamento a fondo perduto che non supera il 65% al netto dell’iva (da 5 a 130 mila euro per gli assi 1, 2 e 3; da 2 a 50 mila euro per l’asse 4), mentre l’asse 5 contempla un 40% per le imprese agricole e il 50% per i giovani agricoltori.

A chi è rivolto

L’iniziativa, spiega INAIL, è indirizzata a “tutte le imprese, anche individuali, ubicate su tutto il territorio nazionale iscritte alla Camera di Commercio Industria Artigianato e Agricoltura, secondo le distinzioni specificate in relazione ai diversi Assi di finanziamento”. Gli enti del terzo settore potranno attingervi però soltanto nei limiti dell’asse di finanziamento numero 2.

Le finalità sono specificatamente indirizzate alle micro e piccole imprese operanti nel settore primario: quel che l’Istituto nazionale per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro intende finanziare, infatti, è “l’acquisto di nuovi macchinari e attrezzature di lavoro caratterizzati da soluzioni innovative per abbattere in misura significativa le emissioni inquinanti, migliorare il rendimento e la sostenibilità globali e, in concomitanza, conseguire la riduzione del livello di rumorosità o del rischio infortunistico o di quello derivante dallo svolgimento di operazioni manuali”.

Come fare la domanda

Il bando prevede l’apertura delle procedure in data 2 maggio 2023, con la chiusura dei termini in data 16 giugno 2023 alle ore 18. Oltre questa data non sarà più pertanto possibile consegnare documentazione né palesare l’intenzione di attingere ai fondi disponibili.

Per entrare all’interno dello sportello informatico dell’INAIL è sufficiente disporre di credenziali SPID, che permettono di identificarsi all’interno del sistema e accedere così ai servizi relativi. Una volta acceduta e compilata la documentazione tramite procedura guidata, sarà necessario apporre la propria firma digitale: quest’ultimo passaggio è essenziale per comprovare in modo inoppugnabile la piena consapevolezza sui dati inseriti, consentendo pertanto alla richiesta di poter procedere al passo successivo.

La domanda va quindi registrata in modalità telematica, seguendo le istruzioni fornite per garantire la piena bontà e validità della trasmissione: “Le domande ammesse agli elenchi cronologici dovranno essere confermate, a pena di decadenza dal beneficio, attraverso l’apposita funzione on line di upload/caricamento della documentazione, come specificato negli Avvisi regionali/provinciali”. L’invio è altresì possibile tramite PEC, strumento che certifica in modo ufficiale la data di invio e consente pertanto di garantire al ricevente la piena osservanza dei tempi di partecipazione al bando.

La data di invio della documentazione risulta importante non soltanto per il rispetto dei termini del bando, ma anche per la compilazione degli elenchi cronologici che, al netto dell’ammissibilità delle domande, consente di accedere o meno al finanziamento.

Vuoi chiederci una consulenza specifica per accedere a questi fondi? Viste le difficoltà nell’impostare e inviare la pratica con il punteggio richiesto e ottenere il contributo con il click day noi siamo in grado di seguire tutto l’iter di presentazione della domanda.
Scambio denaro cessione crediti

Il finanziamento in 10 anni alternativo alla cessione del credito

La formula del finanziamento come alternativa migliorativa dello sconto in fattura

È stata pubblicata il 12 aprile 2023 in Gazzetta Ufficiale la legge 38/2023 legge di conversione del dl 11/2023 (decreto blocca cessioni) contenente urgenti in materia di cessione dei crediti di cui all’articolo 121 del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2020, n. 77.

Come già descritto in un nostro precedente articolo, il governo ha bloccato la possibilità di cedere il credito d’imposta o di ottenere lo sconto in fattura su tutti gli interventi di ristrutturazione edilizia ed ecobonus.

La possibilità di cedere il proprio credito fiscale è stata sicuramente uno dei provvedimenti più incisivi per favorire la richiesta di nuovi impianti legati alla possibilità di detrazioni fiscali importanti, dal 50% del bonus casa (a cui appartengono gli impianti fotovoltaici), al 65% dell’ecobonus (caldaie, pompe di calore, impianti di climatizzazione) fino al 110% del Superbonus.

Chi ha provato però a sfruttare fino all’ultimo questa possibilità, ha di certo potuto verificare che i costi degli oneri legati alla cessione del credito avevano raggiunto negli ultimi mesi quasi il 30% del valore ceduto, rendendolo a conti fatti non così vantaggioso economicamente. In pratica, il cliente che aderiva alla cessione del credito non avrebbe più aspettato 10 anni per il recupero del 50% o del 65%, ma per farlo avrebbe dovuto aggiungere al costo dell’impianto una cifra pari alla percentuale di cui sopra sul credito ceduto.

Facciamo un esempio: per un impianto da 20.000 euro con detrazione fiscale in 10 anni al 50% il cliente ha pagato 10.000 euro più 3.000 euro di oneri finanziari.

Pagamento rateale con finanziamento

Grazie a un accordo con FIDITALIA, la nostra società è in grado di offrire una soluzione rateale su 10 anni a tassi di interessi standard. Questa soluzione ha dei vantaggi anche superiori alla precedente per vari motivi:

  1. il cliente può decidere di farsi finanziare l’intero costo dell’opera e di non anticipare nulla, nemmeno quel 50% o 35% a seconda della tipologia di bonus;
  2. il cliente manda in detrazione il suo acquisto e ogni anno per 10 anni può recuperare quella quota, scalandola quindi di fatto dal costo delle rate;
  3. il cliente non deve pagare nulla di oneri perché questi sono compresi negli interessi compresi nella singola rata.

A conti fatti, considerando i tassi attuali applicati agli interessi, è come se si pagasse l’opera in 10 anni senza interessi e senza anticipo.

Vuoi saperne di più?  

Se sei un’azienda o un’attività con partita IVA?

Nessun problema, abbiamo la soluzione anche per te con la formula del noleggio operativo.

Il noleggio operativo di beni strumentali (detto anche leasing operativo o locazione operativa) è una formula con la quale le aziende usufruiscono di macchinari, arredi e attrezzature senza acquistarli ma pagando un canone periodico di affitto.

La formula del noleggio operativo prevede che i beni strumentali e gli arredi vengano acquistati da una terza parte (Third Party Funding), che si assume i rischi finanziari e creditizi e, da quest’ultima, vengano ceduti in locazione all’utilizzatore.

Con il leasing operativo, la proprietà del bene non viene ceduta al locatario, ma rimane sempre a capo della società di noleggio.

vantaggi del noleggio operativo sono molti, sia per chi ne usufruisce sia per chi mette a disposizione i propri beni strumentali:

Per l’utilizzatore:

  • Mantenimento del proprio capitale circolante senza impegnare cash flow, senza utilizzare linee di credito e senza appesantimenti di immobilizzazioni nello stato patrimoniale.
  • A differenza di leasing, finanziamento o acquisto, il valore del noleggio operativo non rappresenta un debito per l’azienda ma solo un canone che trova espressione nel conto economico.
  • La locazione operativa è deducibile integralmente sia a fini IRES sia ai fini IRAP senza limitazioni di durata minima.
  • Prodotto estremamente flessibile per quanto riguarda la durata del contratto, la periodicità del canone e il valore commerciale del bene al termine della locazione.
  • A fine locazione è possibile acquistare o restituire il bene, oppure iniziare un nuovo contratto con beni aggiornati.
  • canoni del noleggio operativo sono fissi (non essendo un prodotto finanziario non sono previste “indicizzazioni”) e comprende qualsivoglia costo accessorio.

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Climatizzatore BUDERUS

Impianti di climatizzazione e di condizionamento

Impianti di climatizzazione e di condizionamento

tratto da ingenio-web.it

La progettazione degli impianti di climatizzazione è regolata da norme che perseguono la tutela del comfort e della salute dell’utente finale, il rispetto dell’ambiente e il miglioramento delle prestazioni energetiche del sistema edificio-impianto. Nell’edilizia, inoltre, anche vincoli esistenti e una distribuzione articolata degli spazi possono diventare parametri progettuali, accentuando la necessità di una buona progettazione integrata.

Con il termine climatizzazione, come già riportato nelle definizioni della norma UNI 10339:1995, ci si può riferire alla realizzazione ed al mantenimento in simultaneo negli ambienti delle condizioni termiche, igrometriche, di qualità e di movimento dell’aria comprese entro i limiti richiesti per il benessere delle persone.

Per condizionamento, invece, si dovrebbe intendere invece l’insieme dei processi di trattamento della stessa, mediante i quali è possibile conseguire la qualità dell’aria e le condizioni termo-igrometriche richieste in modo da soddisfare le esigenze richieste nell’ambiente.

In sintesi, il condizionamento agisce principalmente sulla gestione della temperatura, mentre la climatizzazione oltre al controllo della temperatura, si pone come scopo quello di modificare quei parametri che condizionano la nostra percezione di “benessere termico”, in primis l’umidità. Infine, la ventilazione si pone l’obiettivo di garantire prefissati livelli di qualità dell’aria tramite su un buon ricambio dell’aria all’interno dei locali così da ridurre la concentrazione di inquinanti indotti dalla presenza umana e dalle attività produttive svolte.

Gli impianti HVAC “Heating, Ventilation & Air Conditioning”

L’acronimo HVAC si utilizza per impianti che provvedono al riscaldamento, al raffrescamento e al controllo della qualità dell’aria attraverso diversi dispositivi.

Gli impianti HVAC hanno quindi un effetto diretto sulla salute e sulla sicurezza degli ambienti; allo stesso modo anche il miglioramento delle prestazioni energetiche del sistema edificio-impianto, limitando l’immissione di inquinanti o gas potenzialmente dannosi, è diventato prioritario per salvaguardare l’ambiente e la salute degli utilizzatori finali. In quest’ottica, dunque, l’ambito energetico è diventato un tema centrale delle politiche europee e mondiali.

I nostri partner

I climatizzatori Buderus si contraddistinguono per efficienza e semplicità di utilizzo, ma anche per il design moderno ed elegante perfetto per ogni ambiente. Scarica la brochure informativa e chiedici un preventivo.

 

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Come funziona lo scambio sul posto

Il contratto con il GSE in regime di scambio sul posto

Lo Scambio sul posto è un contratto che il titolare di un impianto a energie rinnovabili può stipulare con il Gse (Gestore Servizi Elettrici) attraverso il quale l’energia elettrica prodotta in eccesso viene remunerata con accredito in denaro.

L’energia del proprio impianto fotovoltaico può essere utilizzata istantaneamente, mettendo in funzione apparecchi elettronici durante le ore di luce, oppure attraverso l’autoconsumo differito, che richiede però un sistema di accumulo.

Nel caso in cui l’energia prodotta dal proprio impianto fotovoltaico è superiore al fabbisogno, e quindi non consumata immediatamente, viene immessa nella rete elettrica e remunerata grazie allo Scambio sul posto, che consente quindi di non perdere il vantaggio economico derivato dalla fonte di energia solare.

In parole povere, si tratta di una “vendita” di energia prodotta ma inutilizzata dal possessore di un impianto fotovoltaico.

Principio di funzionamento

Maggiori informazioni sul sito del GSE

I kWh di energia elettrica prodotti dal proprio impianto e non immediatamente autoconsumati, vengono immessi nella rete pubblica e contabilizzati da un contatore. L’energia immessa viene quindi valorizzata dal GSE che determina un credito in euro, denominato contributo in conto scambio (CS). Tale credito andrà a compensare e rimborsare la tariffa spesa dall’utente per l’energia che invece è stata prelevata dalla rete e pagata in bolletta.
In altre parole, si chiama Scambio sul posto perché è letteralmente uno scambio di valore economico tra l’energia elettrica prodotta dall’utente con il proprio impianto fotovoltaico e l’energia elettrica prelevata dall’utente acquistandola dalla rete.
Il GSE è incaricato di gestire e contabilizzare queste attività di scambio energetico, rilasciando il contributo in conto scambio tramite accrediti trimestrali. Per capire come funziona lo scambio sul posto continua a leggere.

Esempio pratico

Effettuare questi calcoli non è affatto semplice. Per meglio chiarire la procedura proviamo a fare un ESEMPIO:

  • Ho un fabbisogno annuo di 4200 kW. In assenza di un impianto Fotovoltaico, preleverò tutti i 4200 kW dalla rete elettrica. La mia spesa sarà 4200kW x 0.25€ = 1050€ all’anno
  • Decido di installare un impianto fotovoltaico per coprire il fabbisogno di 4200 kW. In media, ogni kW di fotovoltaico installato mi produrrà 1400 kW all’anno. Avrò bisogno quindi di un impianto fotovoltaico da 3kW per produrre i 4200 kW di cui ho bisogno
  • Poniamo che dei 4200 kW che il Fotovoltaico produce nel corso dell’anno, riesco ad autoconsumarne la metà, cioè 2100 kW. I restanti 2100 kW non utilizzati vengono immessi nella rete
  • Metà del mio fabbisogno annuale riesco quindi a coprirlo con il Fotovoltaico, mentre l’altra metà dovrò attingerla dalla rete (di notte, in periodi di scarsa illuminazione)
  • Avrò questa situazione: 2100 kW all’anno di autoconsumo. 2100 kW prodotti dal fotovoltaico ma immessi in rete e 2100 kW prelevati dalla rete
  • Il contributo che il GSE da per ogni kW immesso nella rete è di circa 0.16€ (il numero cambia in base a diversi parametri). Quindi il valore del mio contributo in conto scambio sarà 16€ x 2100 kW = 336€ all’anno
  • Supponiamo che il costo dell’energia sia 0.25€, la spesa che sostengo per l’energia prelevata dalla rete è 2100 kW x 0.25€ = 525€ all’anno
  • Risultatida 1050€ di bolletta all’anno, pagherò la metà, cioè 525€ all’anno. Tale risparmio è dovuto al Fotovoltaico. Inoltre, i 525€ annui di bolletta elettrica residua sono ripagati in parte dai 336€ del contributo in conto scambio

In fin dei conti ne risulta una spesa netta annua di 189€. La mia bolletta energetica si è ridotta dell’86%!

Modalità di pagamento dei contributi

Il contributo rimborsa i costi sostenuti dall’utente per i servizi di trasporto e dispacciamento, oltre che gli oneri generali di sistema della rete elettrica. Importante da dire è che lo scambio sul posto non va a scontare le bollette!

Il contributo in conto scambio è un pagamento che viene accreditato a posteriori e che non interviene sulla bolletta elettrica. I canali sono due:

  • Si riceverà normalmente la bolletta elettrica dal proprio gestore (Enel, Edison, Acea, ecc.)
  • In seguito si avrà un accredito da parte del GSE del valore in denaro che ci spetta secondo i calcoli

Per determinare l’importo del contributo, il GSE si basa sulle caratteristiche dell’impianto e sulla quantità di energia scambiata con la rete. Il valore del contributo dipende dai costi di prelievo dell’energia dalla rete e dal valore in euro dell’energia immessa in rete, calcolato a sua volta in base ai prezzi del mercato elettrico, secondo zone, profili e fasce orarie.

Lo scambio sul posto (SSP) offre il massimo vantaggio quando, nel periodo di un anno, l’utente immette in rete una quantità di energia elettrica almeno uguale a quella prelevata. Nel caso in cui il valore dell’energia immessa in rete sia superiore agli oneri sostenuti per il prelievo, il GSE determina un credito che andrà a sommarsi ai contributi dell’anno successivo.

Attivazione del servizio

Per stipulare il contratto di SSP, i produttori-utenti devono presentare richiesta tramite il portale informatico del GSE, entro 60 giorni dalla data di entrata in esercizio dell’impianto. Il contratto ha una durata annuale solare e si rinnova tacitamente. Il portale del GSE consente inoltre di gestire le questioni tecniche, economiche e amministrative del servizio di scambio sul posto.

In conclusione, lo Scambio sul Posto rappresenta un’ulteriore opportunità di risparmio e vantaggio economico, che si aggiunge alla detrazione fiscale del 50% prevista per la realizzazione di un impianto fotovoltaico. Noi di PUNTOAMBIENTE offriamo nei nostri pacchetti di installazione di impianti fotovoltaici la consulenza professionale su misura e assistenza per la gestione delle pratiche burocratiche e il monitoraggio annuale dei consumi e dei corrispettivi ricevuti.

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Revamping fotovoltaico

Revamping fotovoltaico: Cos’è, come funziona, quando si fa

Con il passare del tempo, gli impianti fotovoltaici privati o industriali possono perdere di efficacia. Ciò vale, a maggior ragione, per impianti datati e dunque realizzati con tecnologie che oggi risultano obsolete e sono state sostituite da altre più efficienti.

Quando le performance di un impianto iniziano a calare, in modo importante e costante nel tempo, non è necessario intervenire sostituendolo in toto: è possibile ripristinarne l’efficacia attraverso un intervento di revamping, allungando così la sua durata di vita e la sua capacità di produrre energia.

Vediamo cos’è, quando è utile e quali vantaggi comporta.

Cosa si intende per revamping fotovoltaico?

Il revamping fotovoltaico consiste nel rinnovamento o ammodernamento di un impianto fotovoltaico esistente, al fine di ripristinarne la piena efficacia e l’efficienza energetica.

Non va confuso con il repowering: una pratica differente, sebbene con lo stesso scopo, ovvero quello di migliorare le prestazioni dell’impianto. Il revamping, infatti, prevede la sostituzione di alcune componenti principali, mentre il repowering si basa sull’aggiunta di componenti che potenziano l’impianto.

Quando bisogna fare il revamping?

 Un impianto fotovoltaico può durare, in media, 25 anni. Durante il suo ciclo di vita, però, è probabile che subisca perdite di efficacia, che possono dipendere da diversi fattori.

Un intervento di revamping permette di ripristinare le capacità di performance dell’impianto, quando:

  • si rileva una perdita dell’efficienza energetica dell’impianto, che si protrae nel tempo o che continua gradualmente a peggiorare
  • quando si rileva un degrado fisico di alcune parti dell’impianto (ad esempio, alcuni eventi atmosferici possono aver danneggiato uno o più pannelli fotovoltaici, oppure l’usura può essere legata a una scarsa qualità dei materiali utilizzati)
  • quando si rileva un problema di progettazione iniziale da correggere, che limita l’efficacia o la sicurezza dell’impianto (ad esempio, parte dei pannelli solari eccessivamente in ombra)
  • quando l’impianto fotovoltaico non risulta più essere in linea con gli standard di sicurezza indicati dal GSEGSE, che nel corso degli anni sono diventati sempre più stringenti.

In tutti questi casi, il corretto intervento di revamping permette di aumentare la capacità di produzione di energia dell’impianto, riportandola a condizioni ottimali.

Come funzionano gli interventi di revamping del fotovoltaico

È importante definire la tipologia di intervento di revamping da mettere in atto in base alle cause che comportano la perdita di efficienza dell’impianto fotovoltaico. In primis, dunque, è importante che vengano individuate le corrette cause della perdita di efficacia.

Ecco quali sono i più frequenti interventi che possono venire effettuati per migliorare le prestazioni e allungare il ciclo di vita dell’impianto.

Sostituzione dell’inverter

L’inverter è la parte di impianto che trasforma la corrente continua proveniente dai raggi solari in corrente alternata. È un componente importante per monitorare il corretto funzionamento dei pannelli solari, evitare incendi o cortocircuiti.

Sostituzione dei pannelli solari

Anche i grandi impianti costruiti per alimentare un’industria possono rivelare una perdita di efficienza quando un solo pannello fotovoltaico viene danneggiato. Pertanto, un intervento di revamping può prevedere la sostituzione dei pannelli che mostrano un deficit delle prestazioni.

Installazione di dispositivi anti PID

Il PID, o Potential Induced Degradation (Potenziale di Degrado Indotto) è un fenomeno di degrado delle prestazioni dei pannelli, dato dalla polarizzazione delle celle fotovoltaiche, che può portare anche alla perdita del 30% dell’efficacia.

I dispositivi anti PID prevengono l’insorgenza di questo fenomeno, evitando che si verifichi il degrado delle celle.

Installazione dispositivi per la sicurezza dell’impianto

Un intervento di revamping può prevedere inoltre l’installazione di nuovi dispositivi che consentono di adeguare l’impianto alle normative CEI 0-21 e CEI 0-16.

Normative GSE vigenti

Il GSE (gestore dei servizi energetici) mette a disposizione diversi incentivi per l’installazione di impianti fotovoltaici per le aziende. È dunque importante sapere come effettuare un intervento di revamping senza perdere i benefici del Conto Energia.

Per orientarsi, è possibile consultare il DTR, ovvero il Documento Tecnico per il Revamping, pubblicato proprio dal GSE, contenente le indicazioni sulle attività consentite e quelle non consentite per non perdere le agevolazioni. 

In linea generale, è importante fare attenzione alla distinzione tra interventi significativi e non significativi.

Revamping fotovoltaico e GSE: Interventi significativi e non significativi

Gli interventi non significativi sono tutti quegli interventi che non prevedono comunicazioni obbligatorie, mentre gli interventi significativi, se effettuati su un impianto con potenza superiore a 3 kW, devono essere comunicati entro 60 giorni dal termine dell’intervento, pena la perdita delle agevolazioni fiscali del Conto Energia.

Se gli impianti sono inferiori a 3 kW, invece, non è necessario effettuare alcuna comunicazione al Gestore dei Servizi Energetici.

In particolare, sono considerati interventi non significativi:

  • lo spostamento degli inverter e dei componenti elettrici minori
  • la sostituzione di parti elettriche minori
  • interventi sulle strutture di sostegno dei moduli fotovoltaici.

Sono considerati interventi significativi, invece:

  • la sostituzione, rimozione e nuova installazione dei componenti principali, ovvero moduli e inverter
  • lo spostamento di tutti i moduli o di alcuni di essi
  • la modifica del regime di cessione in rete o la variazione del codice identificativo del punto di connessione alla rete.

Questi interventi significativi devono rispettare requisiti specifici:

  • per sistemi con potenza fino a 20 kW, la potenza nominare dell’impianto può essere aumentata al massimo del 5%
  • peri sistemi con potenza superiore a 20 kW, la potenza nominale dell’impianto può essere aumentata al massimo dell’1%.

    È importante considerare come il revamping sia anche un modo per massimizzare gli incentivi previsti dal GSE: dal momento che gli incentivi sono calcolati in base ai kWh di energia prodotti, avere un impianto che lavora al massimo delle sue potenzialità significa anche poter sfruttare questi incentivi al massimo.

    Tenendo conto di questi fattori, è possibile calcolare anche il ritorno dell’investimento del revamping fotovoltaico, considerando i costi dell’intervento vs i maggiori ricavi derivanti dal ripristino delle condizioni ottimali dell’impianto.

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    Bonus condizionatori 2023

    BONUS CONDIZIONATORI 2023: COSA FARE

    Il bonus condizionatori 2023 è rivolto a chi ha intenzione di acquistare un condizionatore o sostituire quello vecchio con uno meno inquinante. L’incentivo consente di ottenere una detrazione fiscale che va dal 50 al 65%..

    L’agevolazione rientra nel bonus mobili ed elettrodomestici, nonché nel bonus ristrutturazioni per cui non esiste una misura specifica, ma sono i bonus edilizi ordinari a prevedere la detrazione:

    • bonus mobili ed elettrodomestici (detrazione al 50%);
    • Ecobonus per il risparmio energetico (detrazione al 65%);

    A CHI SPETTA

    Possono usufruire del bonus condizionatori i detentori di un immobile in cui sarà installato l’impianto, che siano sia persone fisiche che aziende, e spetta non soltanto ai proprietari degli immobili, ma anche ai titolari di diritti reali o personali di godimento sugli immobili oggetto degli interventi e che ne sostengono le relative spese

    SPESE AGEVOLABILI

    L’acquisto del condizionatore, per aver diritto alla detrazione nel 2023, deve essere effettuato, entro il 31 dicembre 2024. La detrazione è applicabile sull’acquisto e all’istallazione di uno dei seguenti tipi di impianti:

    • climatizzatore a basso consumo energetico;
    • deumidificatore d’aria;
    • termopompa o pompa di calore.

    Al fine di poter beneficiare del bonus condizionatori col bonus ristrutturazioni è necessario che:

    • lo stabile sia a norma di legge, ovvero che sia già accatastato oppure in fase di accatastamento e in regola con i pagamenti;
    • che il pagamento dei lavori sia fatto con sistemi tracciabili e che sia documentato.

    COME FUNZIONA

    La Legge di Bilancio 2022 ha confermato il bonus condizionatori garantendo uno sconto del 50% oppure del 65% ai contribuenti che acquisteranno un condizionatore a pompa di calore, con o senza ristrutturazione. L’agevolazione è valida fino al 31 dicembre 2024 senza limiti ISEE.
    In base alla tipologia d’intervento per cui si richiede l’agevolazione, la detrazione fiscale varia:

    • detrazione del 50%, se l’acquisto del climatizzatore di classe almeno A+ è abbinato alla ristrutturazione della casa (bonus ristrutturazioni) entro 96.000 euro di spesa ma anche a un intervento di manutenzione straordinaria senza la ristrutturazione (bonus mobili). In questo secondo caso il tetto massimo di spesa per gli acquisti è di 16.000 euro per gli acquisti effettuati entro il 2021. La detrazione del 50% va calcolata su un importo massimo di 5.000 euro per gli anni 2023 e 2024. La detrazione deve essere ripartita in 10 quote annuali di pari importo;
    • detrazione del 65% per coloro che acquisteranno un nuovo condizionatore a pompa di calore ad alta efficienza energetica per sostituirne uno di classe inferiore. In tali casi, l’importo massimo di spesa detraibile è di 46.154 euro, da dividere in 10 quote annuali di pari importo.

    Per fruire del bonus condizionatori è necessario conservare e poi produrre alcuni documenti, ovvero:

    • la fattura di acquisto;
    • ricevuta del bonifico;
    • ricevuta di transazione, se si sceglie di pagare con carta di credito.

    OBBLIGO DELLA COMUNICAZIONE A ENEA

    In caso di interventi che possono usufruire di agevolazioni per la riqualificazione energetica, c’è l’obbligo di comunicazione all’ENEA (Agenzia Nazionale per le nuove tecnologie energia sviluppo economico sostenibile), in cui vengono specificati i lavori effettuati, dimostrando un risparmio energetico. Tra i documenti da allegare alla domanda vanno inclusi, oltre a quelli sopraelencati, anche:

    • L’asseverazione tecnica prodotta da un professionista abilitato;
    • La scheda informativa dove riportare tutti gli interventi effettuati e le spese, il risparmio energetico ottenuto (tramite APE, Attestato di Prestazione Energetica) e l’importo di tutte le eventuali consulenze professionali;

    Questa documentazione verrà messa a disposizione di Agenzia delle Entrate, che provvederà a controllare la veridicità delle informazioni trasmesse. Non è prevista, invece, la presentazione dell’ISEE. Sono necessarie tutte queste impellenze perché il bonus condizionatori può rientrare nella categoria dei lavori di manutenzione straordinaria e per questo tipo di interventi, è necessario presentare le prove dell’aumento del livello di efficienza energetica degli edifici già esistenti.

    CONTROLLI

    L’Agenzia delle Entrate, di concerto con l’Autorità Giudiziaria competente, può effettuare i controlli sulle dichiarazioni rese in fase di richiesta del bonus condizionatori. È obbligatorio sempre conservare, in caso di controlli:

    • ricevuta del bonifico, che attesti il pagamento del condizionatore;
    • ricevuta di avvenuta transazione, per i pagamenti effettuati con carta di credito o di debito;
    • documentazione di addebito sul conto corrente;
    • fatture di acquisto, che riporti la natura, la qualità e la quantità di prodotto e servizi che sono stati acquisiti;
    • scheda descrittiva inviata all’ENEA firmata;
    • schede tecniche del condizionatore a pompa di calore.
    Scambio denaro cessione crediti

    Stop alla cessione del credito e allo sconto in fattura

    Stop alla cessione del credito e allo sconto in fattura

    Il Governo blocca la possibilità di cedere il credito d’imposta o di ottenere lo sconto in fattura su tutti gli interventi di ristrutturazione edilizia, compreso quindi il Superbonus che rimane solo come una detrazione in 4 anni. Lo stop è operativo dal 17 febbraio, giorno della pubblicazione del decreto legge in Gazzetta ufficiale, ma nei prossimi 60 giorni potrebbero arrivare alcune modifiche. Cessione e sconto rimangono invece per chi ha già presentato la Cila. Ecco chi può ancora cedere il credito.

    Non si possono più cedere i crediti (o fare lo sconto in fattura) legati a tutti gli interventi di ristrutturazione edilizia, dal bonus casa all’ecobonus, passando dal Superbonus e dal sismabonus, il vero motore degli interventi edilizi “quasi” a costo zero pare essersi definitivamente spento. Già da qualche mese i nodi erano venuti al pettine per l’insostenibilità finanziaria del meccanismo della cessione del credito o dello sconto in fattura legato ai lavori di ristrutturazione, soprattutto per quanto riguarda il superbonus.

    Il 16 febbraio, infatti, il Consiglio dei Ministri ha approvato un decreto legge che blocca senza appello le cessioni del credito d’imposta, lo stop parte dal giorno di pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del testo del decreto, cioè dal 17 febbraio 2023. Dalla pubblicazione parte il conto alla rovescia dei 60 giorni massimi per convertire il decreto in Legge, durante questo periodo il blocco della cessione è già operativo, tuttavia, vista la levata di proteste da più ambiti, soprattutto da parte delle imprese edili che parlano già di rischi di fallimenti di massa, ci aspettiamo che qualche cosa possa cambiare. Vediamo insieme cosa succede ora.

    Chi può ancora cedere il credito

    Partiamo dalle certezze, sicuramente non vengono impattati dal blocco delle cessioni e dello sconto in fattura i lavori iniziati antecedentemente al 17 febbraio. In particolare, per quanto riguarda il Superbonus rimane la cessione:

    • per gli interventi effettuati dai condomini per i quali entro il 16 febbraio 2023 risulta adottata la delibera assembleare che ha approvato l’esecuzione dei lavori e risulti presentata la CILA (Comunicazione di inizio lavori asseverata);
    • per gli interventi di demolizione e ricostruzione degli edifici per i quali entro il 16 febbraio 2023 è stata presentata l’istanza per l’acquisizione del titolo abilitativo;
    • per tutti gli altri interventi per i quali è stata presentata la CILA entro il 16 febbraio 2023.

    Per le altre tipologie di interventi di ristrutturazione è possibile optare per la cessione se entro il 16 febbraio:

    • è stata presentata la richiesta del titolo abilitativo se necessario;
    • sono già iniziati i lavori (se non è necessario il titolo abilitativo);
    • risulta registrato il contratto preliminare o stipulato l’atto di compravendita dell’immobile nel caso di acquisto di unità immobiliari da imprese di costruzione che hanno effettuato i lavori di ristrutturazione.

    Chi non può più cedere il credito

    La data spartiacque, come abbiamo visto è il 17 febbraio, in pratica tutti gli atti che hanno data antecedente si salvano, mentre per chi, per vari motivi, si è mosso tardi, non ci sono più possibilità per utilizzare la cessione del credito o lo sconto in fattura. In particolare, gli interventi esclusi sono:

    • il bonus casa al 50%
    • l’ecobonus;
    • il sismabonus;
    • il bonus facciate;
    • l’installazione di impianti fotovoltaici;
    • installazione di colonnine di ricarica dei veicoli elettrici;
    • il bonus barriere architettoniche;
    • il superbonus. 

    Le alternative alla cessione e allo sconto in fattura

    Per tutti gli esclusi dalla cessione del credito e dallo sconto in fattura rimane la possibilità di utilizzare la detrazione in dichiarazione dei redditi. In questo modo le spese possono comunque esser recuperate con le percentuali di detrazione riconosciute per ogni tipologia di intervento. Ricorda che anche se non puoi scegliere la cessione del credito o lo sconto in fattura, il visto di conformità e l’asseverazione del tecnico sono necessari per presentare la dichiarazione dei redditi tramite intermediario o CAF. Non servono solo se fai la precompilata online dell’Agenzia delle entrate.

    A questo punto nascono però dei problemi, innanzitutto la spesa va sostenuta anticipatamente e, soprattutto in alcuni casi come il Superbonus in cui l’esborso è ingente non è certo semplice trovare la liquidità necessaria. Secondariamente il recupero è spalmato su più anni, il caso più frequente sono le 10 rate, mentre per il superbonus le rate sono solo 4.

    Ritiro dedicato GSE

    Cos’è il Ritiro Dedicato (RID)

    Cos’è il Ritiro Dedicato (RID)

    Negli ultimi due anni, complice la normativa sul Superbonus 110%, si è parlato sempre di più di Ritiro Dedicato (o RID) e oggi molti proprietari di impianto fotovoltaico usufruiscono di questo servizio del GSE, sia come unica forma di pagamento per l’energia prodotta, sia come pagamento aggiuntivo rispetto agli incentivi del Conto Energia e/o in alternativa allo Scambio sul Posto.

    Il Ritiro Dedicato, noto anche come RID, è un corrispettivo di vendita che il GSE versa al proprietario di un impianto fotovoltaico per tutta l’elettricità autoprodotta, che non viene autoconsumata e viene immessa nella rete nazionale. Significa che, a tutti gli effetti, il proprietario di impianto demanda al GSE l’acquisto di tutta l’elettricità prodotta oltre il fabbisogno dell’autoconsumo e immessa in rete dall’impianto. Per questo motivo si tratta di una modalità di vendita semplificata, per cui non è necessario avere un’attività commerciale (e quindi una partita iva) a meno che non si abbia un impianto di potenza superiore ai 20 kW.

    Proprio perché si tratta di una modalità semplificata di vendita dell’energia il Ritiro Dedicato non è compatibile con lo Scambio sul Posto che, invece, è un contributo erogato dal GSE per l’energia non autoconsumata e scambiata con la rete.

    Come funziona il Ritiro Dedicato?

    Il proprietario installa l’impianto e sottoscrive con il GSE una convenzione di Ritiro Dedicato, di durata annuale. Questa convenzione è obbligatoria per chi ha installato l’impianto usufruendo del Superbonus 110%, ma può essere scelta in alternativa allo Scambio sul Posto anche da quasi tutti i beneficiari dei diversi Conti Energia. 

    L’ impianto fotovoltaico immette in rete tutta l’energia che non viene autoconsumata e il GSE, sulla base della convenzione stipulata, corrisponde al produttore un determinato prezzo per ogni kWh immesso in rete.

    Il prezzo dipende dal mercato dell’energia e quindi non è possibile calcolare un valore universale. Al momento della stipula della convenzione, infatti, il proprietario di impianto a seconda dei casi può decidere a quale regime dei prezzi aderire:

    Prezzo Zonale Orario (PO): in questo caso l’energia elettrica verrà valutata al prezzo zonale orario, ovvero il prezzo che si forma sul mercato elettrico che varia in base all’ora nella quale l’energia viene immessa in rete e alla zona di mercato in cui si trova l’impianto (la disciplina relativa si trova sul sito dell’ARERA). In questo caso il Gestore di Rete trasmette le misure al GSE, che poi paga il corrispettivo di vendita in base al prezzo zonale orario. 

    Prezzo Minimo Garantito (PMG): in questo caso verrà garantito un prezzo di vendita minimo di base, aggiornato di anno in anno, che viene sempre stabilito dall’ARERA, e che si differenzia per fonte e per quantità di energia ritirata su base annua. In questo caso, sei il Prezzo Zonale Orario è più alto del Prezzo Minimo Garantito è previsto il riconoscimento di un conguaglio finale, con cadenza annuale, per remunerare comunque i produttori di energia con il prezzo più vantaggioso.

    Proprio per la particolarità del calcolo delle tariffe, la maggior parte dei proprietari di impianto fotovoltaico sceglie di aderire al Prezzo Minimo Garantito in modo da assicurarsi un certo prezzo per la vendita dell’energia ed eventualmente avere poi il conguaglio a fine anno.

    Quando viene pagato il Ritiro Dedicato?

    A differenza dello Scambio sul Posto, che viene pagato in due acconti e un conguaglio, una volta attivata la convenzione, il Ritiro Dedicato viene pagato mensilmente con bonifici a cadenza regolare.

    Leggi la documentazione sul sito del GSE: https://www.gse.it/servizi-per-te/fotovoltaico/ritiro-dedicato